L’orologio è il 33esimo pezzo. Per qualcuno il
suo utilizzo non presenta difficoltà, per molti è un incubo o almeno un
problema, in quanto non sanno gestire il loro tempo. Alcuni si trovano con
pochi minuti e molte mosse ancora da eseguire (zeitnot), altri con molto tempo
ma una posizione persa. Questa volta scriverò qualcosa sui primi.
Lo zeitnot è stato definito da Krogius e poi da
Nunn come la situazione in cui un giocatore ha meno di un minuto per mossa (ad
esempio 9 minuti per le ultime 10 mosse). Il GM cubano Vera ritiene che questa
definizione sia corretta anche oggi, aggiungendo i 30 secondi di abbuono.
Ovviamente dipende dalla posizione ma di solito con 90 secondi si è in grado di
giocare una mossa ragionevole.
Perché si va in zeitnot? Ci sono cause oggettive
(mancanza di preparazione pratica o teorica, partita complessa, difficoltà a
calcolare le varianti) e soggettive (mancanza di decisione, troppa attenzione
ai piccoli dettagli, crearsi una scusa, temere di perdere).
Che cosa si può fare? Bisogna innanzitutto capire la causa dello zeitnot. Per capirlo di solito si scrive il tempo che rimane dopo ogni mossa fatta e poi, a fine torneo, si analizza quanto successo. Gli scopi sono due: a) comprendere le cause dello zeitnot e b) vedere se gli errori commessi e lo zeitnot sono collegati.
Che cosa si può fare? Bisogna innanzitutto capire la causa dello zeitnot. Per capirlo di solito si scrive il tempo che rimane dopo ogni mossa fatta e poi, a fine torneo, si analizza quanto successo. Gli scopi sono due: a) comprendere le cause dello zeitnot e b) vedere se gli errori commessi e lo zeitnot sono collegati.
Si può applicare un metodo sintetico e un metodo
analitico. Con quello sintetico si scorrono visivamente le mosse guardando gli
errori fatti e il tempo impiegato. Abbiamo sbagliato perché eravamo in zeitnot?
Oppure perché non ci siamo accorti che la posizione era impegnativa e abbiamo
riservato poco tempo alla nostra mossa? Un buon scacchista deve essere in grado
di capire quando la posizione è critica e si deve dedicare a questa il tempo
necessario.
Il metodo analitico è più complesso e io ne
conosco due varianti.
Quella di Axel Smith suddivide le mosse in
gruppi a seconda dei minuti impiegati, quindi fino a 1 minuto, da 2 a 5, da 6 a
10, da 11 a 15, da 16 a 20, oltre 20. A fine torneo si esamina la propria
prestazione. Nel suo caso, una percentuale alta (75%) di mosse da lui giocate
impiegando non oltre il minuto (+ incremento) gli ha permesso di riservare
molto tempo per i momenti più critici. Bisogna però dire che Smith giocava la
prima mossa non teorica intorno alla dodicesima e per questa impiegava 15
minuti (a suo modo di vedere un tempo normale per la prima mossa non teorica). In
ogni caso bisogna analizzare anche quello che succede dopo, nel caso di Smith
riguardò le posizioni in cui aveva impiegato oltre 6 minuti per capire se
davvero occorreva impiegare quel tempo.
La variante di Vera prevede una tabella con sei
colonne. Nella prima si scrivono nome e elo dell’avversario, nella seconda/terza/quarta
il tempo usato dopo 15/25/35 mosse. Nella quinta le mosse in cui abbiamo
impiegato oltre 7 minuti, nell’ultima diamo una valutazione dell’utilizzo del
tempo (da 1 eccellente a 5 pessimo). Il nome e l’elo dell’avversario servono
per capire se questo influisce sul tempo impiegato. Il controllo dopo 15 mosse
se gestiamo bene, dal punto di vista del tempo, l’apertura. Quello alla 25esima
la transizione dall’apertura al medio gioco e l’impostazione del piano, quello
alla 35esima se siamo andati in zeitnot e come. Vera ritiene che non si dovrebbe
impiegare per una mossa oltre 10 minuti (questo punto di vista non è certamente
unanime tra i GM) perciò i 7 minuti segnalano un limite che non si dovrebbe
superare spesso. Se lo si fa, non solo si va in zeitnot ma si dimostra anche di
non essere in grado di identificare il momento critico della partita. Infine la
valutazione ci dice se il problema c’è o meno e la sua entità.
I consigli che vengono dati per non entrare in
zeitnot sono i seguenti:
· arrivare un po’ in
anticipo, per essere concentrati
· non guardare altre
partite e soprattutto non avere pensieri non riguardanti la propria partita
· non ripensare le
decisioni già prese
· decidere prima
dell’inizio l’apertura e anche se si gioca per vincere o se possiamo
accontentarci della patta
· quando c’è una sola
mossa possibile giocarla senza pensarci su
· utilizzare il tempo
dell’avversario per pianificare e fare considerazioni generali. Se però
l’avversario ha una mossa molto probabile, pensare a una risposta e giocarla
velocemente dopo che l’avversario ha giocato la mossa prevista
· spendere poco tempo in
posizioni che non sono critiche.
Gli esercizi da fare come ovvio consistono nel
giocare con l’uso dell’orologio.
Vera consiglia di giocare partite di sole 25
mosse contro un’apertura inaspettata preparata dall’istruttore, con 45 minuti
(+ incremento di 30 secondi a mossa). La partita finisce in 25 mosse.
Bisognerebbe riuscire a tenere come tempo 15 minuti (+ incremento) per le prime
15 mosse e 30 minuti (+ incremento) per le altre, senza mai impiegare oltre 10
minuti per una mossa.
Un’altra possibilità che suggerisce consiste nel
risolvere 5 posizioni di diverso tipo in 25 minuti. Il tempo viene gestito
autonomamente.
Infine, si potrebbe anche giocare posizioni con
un netto vantaggio contro il computer, con 15 minuti + incremento.
Io consiglio di rigiocare con il computer da un
certo punto le proprie partite di torneo che non abbiamo trattato adeguatamente
(ad esempio quelle in cui avevamo un netto vantaggio poi andato perso), per
motivi di tempo ma anche di posizione. Anche se si tratta di posizioni a noi
note ci penserà il computer a renderle ostiche! Il tempo indicato sopra (15 minuti +
incremento) mi sembra adeguato.
E se invece è il vostro avversario ad avere poco
tempo? Il consiglio del GM Brynell è il seguente: “se il vostro avversario
pensa da molto tempo, non alzatevi! Potreste svegliarlo dal suo torpore. Quando
invece si appresta a muovere, allora alzatevi, perché potrebbe porsi dei dubbi
e pensare ancora di più!”.
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